Secondo un nuovo studio, molti siti web governativi, compresi quelli sotto l'ala GDPR, sono pieni di cookie di tracciamento di terze parti.
Il centro di ricerca spagnolo IMDEA ha recentemente analizzato più di 5.500 siti web governativi appartenenti ai paesi del G20 e ha scoperto che il 90% consente di tracciare i propri visitatori sul web.
Inoltre, più della metà dei cookie su questi siti Web sono di proprietà di terze parti, il che significa che probabilmente sono stati inseriti lì per raccogliere dati sui visitatori, secondo il rapporto. In alcuni casi, fino al 90% proveniva da tracker di terze parti noti.
Supervisione o negligenza?
Questi siti Web non dovrebbero utilizzare affatto i cookie, afferma IMDEA. Questo non solo rovina la fiducia che le persone possono avere nei loro governi, ma consente anche "sorveglianza, monitoraggio e tracciamento diffusi". Se proviene da terze parti, è preoccupante perché mostra un design del sito Web scadente che si basa su entità esterne in grado di monitorare le interazioni. [tra] il pubblico [e] il governo", ha affermato l'organizzazione.
"Sembra che, nonostante i grandi sforzi per promuovere normative come il GDPR, i siti governativi stessi non sono ancora chiari sulle pratiche di tracciamento a cui mirano tali normative".
L'origine di questi cookie di tracciamento, spiega IMDEA, è il contenuto multimediale dei social network e delle altre piattaforme integrate nei siti.
"Molti di questi tracker vengono aggiunti perché molti siti governativi includono collegamenti a social network come Facebook e LinkedIn e collegamenti a video ospitati su YouTube o Vimeo", ha affermato IMDEA.
Il Giappone e l'India sono stati tra i paesi con il minor numero di cookie, ma anche in quei paesi quasi l'80% dei siti governativi li ha serviti. La Russia è stata la peggiore per i cookie di tracciamento di terze parti, con oltre il 90% dei siti con uno o entrambi i tipi.
I web designer che creano siti governativi "dovrebbero prestare particolare attenzione per evitare di includere plug-in di social media, portali di video commerciali, editori ed evitare collegamenti che scaricano contenuti da questi siti Web", ha concluso l'organizzazione.
La notizia arriva in un momento in cui i consumatori stanno diventando più consapevoli dei problemi di privacy. Le VPN (si aprono in una nuova scheda) e i servizi proxy non sono mai stati così popolari poiché le persone cercano di proteggere la propria attività di navigazione da occhi indiscreti.
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